La famiglia Rimini. Storie di emigrazione, deportazioni, fughe e solidarietà - Inaugurazione mostra

21 gennaio > Museo Ebraico di Bologna

Inaugurazione della mostra

La famiglia Rimini. Storie di emigrazione, deportazioni, fughe e solidarietà

a cura di Francesca Panozzo e Caterina Quareni

h. 10.30

Saluti alle autorità civili e militari e alla cittadinanza

h. 16.30

Tra storia e attualità, dialogo a margine della mostra tra

Silvia Guetta - Università degli Studi di Firenze

Francesca Panozzo - Servizi educativi del Museo Ebraico di Bologna

Introduce Caterina Quareni - Direttrice del Museo Ebraico di Bologna


La famiglia Rimini

Mantova, 11 luglio 1897. Nella sinagoga della città, Cesare Prospero Moisè Rimini, trentaduenne commerciante di tessuti e filati, sposa Olimpia, una delle figlie del “dottore in legge” Giuseppe Cantoni.

Da quell'unione nascono quattro figli: Enrico, Lucia, Nella e Giuseppe.

Una famiglia israelita come tante nell'Italia di quegli anni: urbanizzata, un livello culturale medio-alto, ben inserita nel tessuto sociale della città, con un'attività commerciale avviata. Una vita tutto sommato agiata e, potremmo dire, normale, attraverso la quale è possibile raccontare la realtà degli ebrei in Italia nei primi decenni del Novecento.

Mai, infatti, nei loro discorsi di giovani sposi, Cesare e Olimpia avrebbero potuto immaginare cosa la Storia avrebbe riservato ai loro figli: il tradimento dell'Italia, la guerra, la fatica di ricominciare altrove, la disperazione della deportazione, il rischio della fuga e della vita da braccati, ma anche la solidarietà, la riconoscenza, la possibilità di un nuovo inizio.

La normalità finisce infatti nel 1938, quando anche l’Italia emana una serie di leggi contro la minoranza ebraica dei suoi sudditi.

Nell’autunno 1939, dopo aver visto il suo lavoro farsi ogni giorno più precario e i suoi figli cacciati dalle scuole, Enrico, brillante avvocato per il foro di Milano, decide di emigrare con sua moglie Diana Costantini e i figli Olimpia e Guido in Brasile. A condividere le incertezze e le difficoltà di una vita da reinventare completamente da capo in Sud America ci sono Elda, sorella di Diana, con il marito Renzo Massarani, compositore e musicista molto noto, e i figli Laura, Andrea e Giulio. Dopo la guerra, Enrico e Diana decideranno di non rientrare in Italia.

Lucia, che con il marito Renzo Carpi e i figli Alberto e Germana, abita a Innsbruck, pochi mesi dopo la salita al potere di Adolf Hitler in Germania decide di lasciare l’Austria, l’attività di ingrosso di prodotti alimentari e spostare la residenza in Italia, a Bolzano. Qui, nel 1940, nasce la loro ultima figlia, Olimpia.

Tutti e cinque verranno arrestati e deportati ad Auschwitz-Birkenau subito dopo l’8 settembre 1943. Alla fine della guerra nessun componente della famiglia riuscirà a tornare a casa.

Diverso è, invece, il destino di Nella e Giuseppe e delle loro famiglie. Nel momento in cui, dopo l’arresto dei Carpi, da Bolzano non arrivano più notizie, la famiglia di Giuseppe lascia Mantova e raggiunge quella di Nella a Ferrara. In tutto si tratta di quattro adulti e sei bambini, ai quali si aggiungono Guido Vivanti, direttore del magazzino all’ingrosso di Giuseppe, e due anziane parenti Maria Cantoni, sorella della nonna Olimpia e Ada Rocca, suocera di Nella; insieme si dirigono verso Sud con l'obiettivo di attraversare la linea mobile del fronte per andare incontro agli alleati.

Ma muoversi in gruppo durante una guerra, in mezzo a bombardamenti e coprifuoco, senza dare nell'occhio e con il rischio costante di essere arrestati perché ebrei non è cosa semplice e molto presto il piano iniziale subisce dei netti cambiamenti. I Rimini-Finzi sono allora costretti a nascondersi in attesa che l’Italia venga liberata da nazisti e fascisti. Lo faranno nell'entroterra del riminese, nella valle del fiume Conca tra Mondaino, Morciano e Montefiore con l'aiuto di due famiglie i Muratori e i Morganti, oggi riconosciute Giuste tra le Nazioni dallo Yad Vashem di Gerusalemme, e di una rete di persone che, in diversi modi, procurarono loro conforto e assistenza materiale.

Quella della famiglia Rimini è la storia di una famiglia che in qualche modo può definirsi fortunata, attraverso la quale è possibile raccontare la realtà degli ebrei in Italia tra la fine dell’Ottocento e la prima metà del Novecento, ma come disse Cesare, il più grande dei figli di Nella: «Qualcuno si è salvato, ma niente è stato più come prima».  


---
☎️ +393495480585
📧 storiaememorialab@gmail.com

Commenti