Insegnare la Shoah alla scuola primaria è possibile?
SML ne parla con Anna Sarfatti, Alessandra Fontanesi e Donatella Giulietti


È possibile parlare di Shoah alla scuola primaria?
Rispondono per Storia e Memoria Lab Anna Sarfatti, Alessandra Fontanesi e Donatella Giulietti

In occasione del Giorno della memoria 2013, «La Stampa» pubblicò un’intervista di Alberto Mattioli allo storico francese di origine marocchina George Bensoussan intitolata Non si può insegnare la Shoah ai bambini. Nel corso dell’intervista Bensoussan affermava: «Non si può insegnare la Shoah ai bambini, non si può mostrare loro Treblinka. Perché è una memoria troppo pesante, troppo dura da portare e finisce per colpevolizzarli. Si può, anzi si deve, insegnare loro cosa c’è intorno alla Shoah, cosa sono il razzismo o l’intolleranza. Alle elementari puoi parlare di Anna Frank. Delle camere a gas, no».

Questa affermazione mette in evidenza una problematica molto sentita dai docenti delle scuole primarie. Nonostante, infatti, in Italia la storia del Novecento non faccia più parte del curricolo di storia della scuola primaria, molti insegnanti si sentono in dovere - anche per ‘mettere ordine’ a una imponente mole di informazioni che i bambini ricevono dalla televisione e da internet alla vigilia di ogni 27 gennaio - di inserire la Shoah nel percorso formativo degli alunni, rimanendo, però, spesso ostaggi del bisogno di essere storicamente rigorosi e coerenti con i fatti da una parte e il timore di ferire dall’altra.
La domanda è, quindi, più che mai attuale.
Storia e Memoria Lab ne ha parlato con:

  • Anna Sarfatti, scrittrice, ha insegnato per molti anni nella scuola primaria e dell’infanzia.
  • Alessandra Fontanesi, insegnante della scuola primaria, responsabile della sezione didattica di Istoreco.
  • Donatella Giulietti, insegnante della scuola primaria, responsabile della sezione didattica dell'Iscop.

1 – È possibile insegnare la Shoah ai bambini?
C’è un’età giusta per introdurre l’argomento?

A.S. Penso che non solo sia possibile parlare di Shoah ai bambini fin dalla scuola primaria, ma addirittura necessario. Ma qui per Shoah intendo l’intera vicenda persecutoria degli ebrei che si sviluppò negli anni dal 1933 al 1945, quindi sia gli anni della propaganda antisemita e delle leggi di discriminazione, sia gli anni dello sterminio sistematico. Sì, il docente non deve aprire ai bambini il baratro delle camere a gas; tuttavia occorre tenere presente che può essere un bambino stesso ad aprire l’argomento, magari con parole o concetti errati, che è opportuno correggere delicatamente. Dialogando con i bambini di scuola primaria, per esempio, mi sono resa conto che la stragrande maggioranza di loro colloca la Shoah in Germania e ne addebita le responsabilità ai tedeschi e a Hitler. Non ho trovato riferimenti al fascismo e a Mussolini. Quel che sanno degli ebrei viene direttamente o dall’ora di storia di terza, quando si studiano le antiche civiltà, o dall’ora di religione, o dai film che molti hanno visto, “La vita è bella” e “Il bambino col pigiama a righe”.
La Shoah deve essere insegnata perché è stata un evento importante della storia italiana ed europea, perché ha un ruolo rilevante nella realtà contemporanea, e anche perché conoscere quanto è accaduto in quegli anni in Italia può aiutare i bambini a riconoscere i segnali di intolleranza, o addirittura di violenza, verso qualsiasi persona o gruppo della nostra società.

A.F. Credo che sia l'insegnamento sia lo studio della Shoah vadano svolti attraverso un percorso  strutturato su più livelli di conoscenza. Sono d'accordo sull'affermazione che non si possa insegnare la Shoah ai bambini come ce la immaginiamo noi “addetti ai lavori”: non si possono affrontare la Shoah, la storia del Nazismo, la complessità della ideologia razzista e antisemita con un bambino di 8 o 9 anni. Ma affrontare un piccolo pezzo di questa storia in modo preciso, scientifico e senza cadere in patetismi ed emozione credo si possa fare.
Nella mia esperienza non ho mai parlato delle camere a gas ma entro, e sono entrata in classi, o ho incontrato bambini che ne parlavano già, alcuni con competenza incredibile altri con un po' di voyerismo e “gusto dell'orrido” che spesso colpisce anche gli adulti.
Quello che faccio con loro è parlare di cosa c'era prima e perché. E per farlo ho dovuto studiare e prepararmi molto per essere semplice, ma non banale con loro.
Nel mio lavoro didattico scelgo di non traumatizzare e di non emozionare ma di appassionare sì. Come? Nel corso degli anni abbiamo preparato laboratori, realizzato mostre, tradotto libri qui all'Istoreco per tentare di spiegare non tutto il processo di esclusione, ghettizzazione e sterminio o lo sterminio tramite i massacri, ma una piccola parte quella secondo noi più adatta ai bambini: la possibilità della scelta di opporsi a un nemico così potente e ubiquo.

D.G. Negli ultimi anni come responsabile della sezione didattica all'Istituto di Storia Contemporanea della Provincia di Pesaro e Urbino, insieme a docenti e ricercatori, abbiamo sperimentato  un percorso di ricerca storico - didattica con l’intento di rendere significativa la "narrazione" della Shoah a partire dai più piccoli.
Gli esiti positivi sul piano della costruzione della competenza e della conoscenza storica, rafforzano la nostra convinzione che la Shoah può essere insegnata anche ai bambini. Ma è necessario un approccio adeguato che utilizzi gli strumenti più adatti alle loro capacità cognitive, emozionali, quelli che servono ad alimentare la conoscenza e la competenza interpretativa.
In sintonia con la riflessione del professor Bensoussan, il percorso didattico deve partire dalla costruzione graduale di quei concetti che stanno “intorno” alla Shoah (inclusione-esclusione, razzismo, cittadinanza, pregiudizio, discriminazione, diritti…) e che consentono, in una prospettiva curricolare, di affrontare conoscenze storiche via via sempre più complesse. L’ingresso violento e traumatico nei campi della morte non è necessario.
Abbiamo evitato innanzitutto di affrontare il percorso come il susseguirsi in ordine cronologico di eventi storici, politici e militari inseriti nel contesto della seconda guerra mondiale, così come il modello manualistico ci propone da sempre. Riteniamo, invece, che la storia della Shoah è soprattutto una storia che parla di persone, uomini e donne, vittime o carnefici, collaborazionisti o osservatori passivi, delatori o salvatori. E’ una storia che deve cercare di capire e conoscere la psicologia degli esseri umani e di far comprendere la nostra collocazione dentro un mondo imprevedibile. Auschwitz, come giustamente sottolinea Enzo Traverso, è un laboratorio privilegiato per studiare l’immenso potenziale di violenza del mondo moderno.
Il ricorso agli strumenti legati alla pratica della ricerca e un lavoro attento di mediazione didattica sono elementi fondamentali che favoriscono il passaggio dalla conoscenza esperta alla costruzione della competenza e del sapere storico da parte degli alunni. Ma con i bambini è necessario oltrepassare i confini della disciplina storica attraverso il coinvolgimento di linguaggi e codici narrativi in grado di trasmettere quello che solo con le parole è quasi impossibile fare. L’arte, la letteratura per l’infanzia, la statistica, le fonti filmiche, ci sono stati di aiuto.
L’attività legata al lavoro di sperimentazione mi porta a formulare due riflessioni intorno all’età cronologica degli allievi, una di ordine cognitivo e una di natura psico-emotiva.
Sul piano cognitivo il sapere storico nasce quando l’alunno comincia a porsi degli interrogativi; la problematizzazione rappresenta la base cognitiva indispensabile per entrare nella conoscenza del passato. Ma le domande vanno alimentate e orientate a partire da quello che i bambini già sanno.
Quando si affronta una storia complessa come la storia della Shoah, gli alunni, a partire dalle classi terminali della scuola primaria (9-10 anni), si trovano già immersi in una moltitudine di informazioni e rappresentazioni, quasi tutte veicolate dai mezzi di comunicazione in modo spesso disordinato e di frequente stereotipato. Una storia, quella della persecuzione del popolo ebraico, rappresentata dai bambini senza confini topografici e cronologici misurabili, una storia tragica ma tuttavia percepita distante da noi, che poco o nulla ha a che vedere con la nostra storia nazionale. Ma partire dalla riorganizzazione di un sapere confuso permette di individuare problemi, definire temi, descrivere contesti; insomma circoscrivere i primi contorni del ragionamento storico e del percorso conoscitivo. Come dice il Prof. Antonio Brusa dell’Università di Bari, a partire dalle conoscenze pregresse i bambini devono essere messi in grado di distinguere quelle di origine scientifica da quelle di altra provenienza se si vuole accedere a un racconto problematico del passato che insegni a interrogare la storia a partire dal presente.
Con bambini di  9-10 anni, questa è un’operazione possibile.
Sul piano più strettamente psico-emotivo, come sottolinea Raffaele Mantegazza, pedagogista,  non dobbiamo dimenticarci che la Shoah ha rappresentato lo sterminio sistematico dell’infanzia perpetrato anche con la collaborazione di medici, insegnanti, religiosi, cioè di quelle figure educative di fiducia del bambino. Spesso gli stessi genitori, a partire dalle leggi razziali, non erano più in grado di trasmettere sicurezza e protezione e persero quel ruolo di onnipotenza che ogni bambino vede nel proprio padre e nella propria madre. Questi sono gli aspetti più forti e drammatici da far comprendere ad alunni troppo piccoli quando si affronta il tema della Shoah a scuola. Solo quando i bambini  iniziano a discriminare il mondo degli adulti fatto di “buoni” e “cattivi”, è questo il momento per poter affrontare il tema storico. A partire quindi dalle classi terminali della scuola primaria esistono, a mio avviso, le condizioni per entrare nella conoscenza della Shoah in modo significativo e per  costruire il racconto storico focalizzando maggiormente l’attenzione sull’aspetto della persecuzione dei diritti anziché sulla fase finale dell’assassinio di massa. 

2 - Quali sono le tematiche più adatte per avvicinare i bambini alla Shoah? 

A.S. Anziché indicare un momento giusto per introdurre l’argomento, preferisco indicare in sintesi alcuni criteri che a mio parere andrebbero tenuti presenti nell’affrontare il tema:

  • Procedere a piccoli passi, con gradualità e continuità
  • Conoscere la storia locale, poi nazionale, per indagare successivamente quanto è accaduto in altre nazioni
  • Affrontare l’arco intero della Shoah, soffermandosi principalmente sulla fase che ha preceduto gli anni dello sterminio
  • Verificare sempre, dopo ogni passo, quello che i bambini hanno capito; quello che li ha colpiti; aiutarli a collegare le nuove conoscenze con quello che già conoscevano, a volte anche in modo confuso o distorto
  • Avviarli a comprendere la complessità e la drammaticità, senza addentrarsi nella tragedia

A.F. Per spiegare ai bambini della scuola primaria che cosa è stata la Shoah a mio avviso occorre lasciar loro una chance, una speranza di sopravvivenza in mezzo a una storia di genocidio, pur essendo molto chiari. La guerra che Hitler e i suoi collaboratori fascisti in Europa hanno condotto contro gli ebrei è stata vinta: basta andare in Polonia per vedere le vestigia di un popolo, una lingua e uno cultura scomparse. Ma anche nelle nostre città: a Reggio Emilia, per esempio, la Comunità Ebraica non esiste più dopo la seconda Guerra Mondiale. Dire che sono state assassinate 6 milioni di persone significa affermare la perdita di una parte considerevole dell'umanità e della sua storia. Detto ciò è importante far conoscere la storia di coloro che si sono salvati, nascosti quindi sopravvissuti. Far conoscere la storia virtuosa di solidarietà dei pochi che hanno aiutato gli ebrei. Come dicevo prima: la possibilità della scelta di opporsi al nazismo e al fascismo antisemita è per noi molto importante e poco traumatizzante. È politicamente e eticamente una scelta forte e piena di significati oggi nell'ambito dell'educazione alla cittadinanza e non solo. In questo senso studiare le storie dei Giusti fra le nazioni d'Europa e d'Italia, ricostruirne storie e biografie è senza dubbio accattivante. Il messaggio che dai con questo tipo di insegnamento è che anche nelle situazioni più terribili si ha sempre la possibilità di compiere una scelta giusta: in questo caso aiutare chi come gli ebrei era perseguitato e/o respinto ovunque.
Anche la Resistenza ebraica, oltre a essere una pagina gloriosa della storia della Resistenza europea, è ricca di spunti in questo senso e soprattutto smonta lo stereotipo che gli ebrei si siano lasciati massacrare come “pecore al macello”. Un'altra opportunità per trattare l'argomento in modo non traumatico è affrontare la storia dei salvataggi di bambini e ragazzi ebrei durante la Seconda Guerra Mondiale offrendo percorsi positivi dove cioè i salvataggi son andati a buon fine contro percorsi negativi dove invece i nazisti e i loro collaboratori hanno vinto deportando bambini e ragazzi. In tal senso noi negli anni abbiamo lavorato sulla storia dei bambini e ragazzi di Izieu nel sud della Francia (http://www.memorializieu.eu/) per similitudine/opposizione sulla vicenda dei profughi di Villa Emma di Nonantola (http://www.fondazionevillaemma.org/).

D.G. Entrare nella complessità della storia della persecuzione ebraica attraverso le esperienze di vita, è stata per noi un’operazione necessaria per rendere questa storia accessibile anche ai bambini. Tutto il percorso di ricerca utilizza, infatti, le biografie come “vie” di accesso alla storia; vissuti che  ci permettono di transitare nella storia politico-istituzionale e della cultura sociale dell’Europa e dell’Italia degli anni ’30 e ’40  e di “vedere”  e “sentire” quella storia per poterla caricare di senso. Ma la storia della Shoah, proprio perché storia che parla di persone, deve tenere in equilibrio due aspetti indispensabili all’apprendimento: da un lato il coinvolgimento emotivo, dall’altro l’interesse, la motivazione a conoscere, a indagare il passato con gli strumenti della storia.
Per riuscire in questa operazione abbiamo privilegiato due modalità di “ingresso” nella storia: da un lato il recupero della narrazione di storie individuali attraverso  testi di autori per l’infanzia (che narrano storie realmente accadute); dall’altro la ricostruzione storico biografica che privilegia un approccio laboratoriale e utilizza le fonti di archivi privati e pubblici per comporre gradualmente il vissuto di cittadini ebrei che hanno subito la discriminazione e la persecuzione razziale. In entrambi i casi, l’attenzione rivolta alla vita dei protagonisti prima della guerra è fondamentale per ridare alle vittime della persecuzione il loro status di persone nella loro complessità e nella loro normalità. La presa d’atto che il potere e la follia umana possono spezzare la felicità e la normalità della vita degli individui, è un passaggio fondamentale che permette a bambini e ragazzi di rappresentare l’orrore della Storia senza il bisogno di ricorrere a immagini di “repertorio” alle quali troppo spesso ci siamo abituati.
Le storie scelte sono sempre storie di salvezza raccontate da protagonisti che potremmo definire testimoni parziali della Shoah; sono storie di “salvati” che lasciano però aperta (nel finale) una finestra verso il mondo dei “sommersi”. Quel mondo che si aprirà alla conoscenza degli studenti nelle fasi successive del curricolo, quando saranno in grado, attraverso gli strumenti interpretativi e concettuali, di entrare nella comprensione della fase finale della persecuzione delle vite.
La presenza di figure di salvezza di cittadini non ebrei con i vari comportamenti che ebbero in quell’epoca ci permette di focalizzare l’attenzione su gesti di solidarietà e coraggio che qualcuno decise di compiere. E’ una scelta e una raccomandazione pedagogica che, oltre a rassicurare i bambini, ci riconduce a riflessioni di ordine etico e alla possibilità che anche in tempi drammatici compiere il bene sia possibile.
E quando i protagonisti si muovono nello scenario degli avvenimenti della storia locale, gli stessi luoghi che si intrecciano con il vivere quotidiano dei bambini, ciò contribuisce alla costruzione del senso di appartenenza, all'idea di stare dentro il processo storico. La scala locale permette di avvicinare gli alunni direttamente alle fonti e ai luoghi di conservazione della memoria e rende lo studio della storia più concreto e vicino alla loro realtà. Per questo riesce a sollecitare effetti conoscitivi, formativi e metodologici potenti, necessari a comprendere la complessità della “grande”storia. 

3 - Uno strumento (libro/film/sito…) consigliato per affrontare l'argomento

A.S. Per costruire dei percorsi nella scuola primaria suggerisco due libri che nascono col preciso intento di offrire elementi di conoscenza e comprensione della Shoah in Italia.
Il primo è Eri sul treno per Auschwitz? Strumenti per raccontare la Shoah ai bambini, a cura di Donatella Giulietti, Fulmino edizioni 2013. Qui, oltre ad alcuni saggi di studiosi, si propongono i frutti di una ricerca didattica condotta sul campo, con classi di scuola primaria e secondaria di primo grado. Molto interessante è il percorso didattico che corre in parallelo alla testimonianza raccolta da Cesare Moisè Finzi.
Il secondo libro, mi si consenta l’autocitazione, è L’albero della memoria scritto con mio fratello Michele Sarfatti, illustrato da Giulia Orecchia, edito da Mondadori nel 2013. Attraverso questa storia in rima abbiamo raccontato il tragico intreccio tra la “storia quotidiana” di un bambino, con i suoi affetti, desideri, giochi, compagni di scuola, paure, tristezze, e la “grande storia” che arriva come un fulmine a sconvolgere e a colpire la sua vita. Nel libro c’è un’appendice storico-documentaria per approfondire quanto nella storia è solo suggerito.

A.F. Sulla storia dei Giusti penso a tutto il lavoro che ha fatto da Yad Vashem in tal senso e rintracciabile sul loro sito. 
Noi nel nostro piccolo abbiamo pubblicato la versione italiana del libro per bambini Papà Weidt (http://www.istoreco.re.it/default.asp?page=1070,ITA) e svolgiamo su di esso un laboratorio con i ragazzi parlando anche dei salvataggi di ebrei ad opera di reggiani nella nostra provincia dopo il 1943. 
Sulla Resistenza ebraica in italiano non vi è praticamente nulla, io ho proposto passi tradotti tratti dal libro autobiografico in francese di Larissa Cain J'étais enfant dans le ghetto de Varsovie http://livre.fnac.com/a2051921/Larissa-Cain-J-etais-enfant-dans-le-ghetto-de-Varsovie che non parla direttamente della Resistenza nel Ghetto di Varsavia ma è una storia individuale che incontra anche la “Grande” storia. 
Invece un racconto sulla Resistenza nel ghetto di Cracovia che utilizza fonti affidabili, ma non è una narrazione autobiografica è questo sulla storia di Szymon e Gusta http://www.gliocchidi.it/persone/szymon_e_gusta forse più adatto a una secondaria.
Un film per me insuperato resta Jona che visse nella balena, mentre per la secondaria sul tema delle leggi razziali italiane è decisamente efficace Concorrenza sleale. Se si vuole affrontare la storia della persecuzione degli ebrei in Francia Monsieur Batignole è un ottimo strumento da contestualizzare, ovviamente.

Vorrei chiudere con alcuni libri che uso nella primaria a mio avviso veramente geniali per come coniugano immagine e narrazione: Il volo di Sara (Fatatrac 2011); Otto. Autobiografia di un orsacchiotto (Mondadori Junior 2012); il praticamente introvabile, ma bellissimo e delicatissimo Bambino stella (Pisani 2006).

D.G. Consiglio un testo di narrativa per bambini:
A. Sarfatti e M. Sarfatti, L’albero della memoria. La Shoah raccontata ai bambini, Mondadori, Milano 2013. A partire da un racconto biografico e familiare che attraversa eventi storici realmente accaduti i Italia tra il 1938 e il 1945, i bambini possono conoscere cosa accadde agli ebrei in Italia in quel periodo.
E poi un testo pedagogico-didattico per docenti:
D. Giulietti, a cura di, Eri sul treno per Auschwitz? Strumenti per raccontare la Shoah ai bambini, Fulmino Ed., Rimini 2013. Il testo raccoglie i contributi teorici di esperti nel campo della storiografia, pedagogia e didattica della storia e illustra il percorso didattico (con il supporto, in DVD, di tutti i materiali archivistici utilizzati) ideato ed elaborato dalla sezione didattica dell'Istituto di Storia Contemporanea della Provincia di Pesaro e Urbino.


Commenti